Basi scientifiche, studi e ricerche

 

Considerato il ruolo che l’attività fisica ha assunto nella ricerca medica, nelle neuroscienze e in ambito psicologico, non sorprende come l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia più volte indicato l’importanza dello sport e dell’esercizio per la salute. L’agenzia ONU è intervenuta a questo proposito sia per quanto riguarda la prevenzione del cancro, che  per sottolineare la relazione positiva da instaurare tra alimentazione, sport, ambiente  (McMichael, 2008). L’OMS è tornata sull’argomento anche nel corso del 2016  (Ministero della Salute, 2016), indicando una quota minima di tempo settimanale da dedicare allo sport o all’esercizio come fattore di prevenzione generale. In effetti, la riduzione dell’inattività fisica è stata inserita tra i nove obiettivi del piano globale per la prevenzione delle malattie non trasmissibili (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2012).

 

Le indicazioni emanate dall’OMS si rifanno ad un’ampia serie di pubblicazioni e conoscenze acquisite dalla ricerca internazionale. Particolarmente degni di nota sono i progressi conseguiti nell’identificazione dei meccanismi molecolari che regolano l’interazione positiva tra attività sportiva e salute: In una recente metanalisi pubblicata in Cellular Physiology and Biochemistry il team di ricerca di L. Masi esamina la capacità dell’esercizio fisico di intervenire nei meccanismi di controllo che regolano l’espressione genetica, dimostrando come l’azione dell’attività fisica sui microRNA presieda al processo epigenetico in vari modi. (Masi, et al., 2016).  
 
Matsui et al. (2011) hanno individuato una sovra-compensazione di glicogeno negli astrociti della glia del SNC al termine di una sessione di allenamento. Questa constatazione consente di porre in relazione l’allenamento e la ristrutturazione del metabolismo cerebrale, fondamentale per la modificazione della forza sinaptica e il potenziamento strutturale dei circuiti cerebrali.
Se da un lato l’inattività fisica è una delle prime cause di malattie croniche dell’epoca moderna
 (Booth, Roberts, & Laye, 2012), l’esercizio fisico è stato anche proposto come potenziale trattamento della tossicodipendenza, in funzione del ruolo che riveste nel modulare il sistema di neurotrasmissione delle ammine biogene e del glutammato. L’uso di droghe, agendo tramite meccanismi epigenetici controllati da fattori neurotrofici come BDNF, altera il funzionamento di questi circuiti, mentre protocolli specifici di allenamento sono in grado di invertire questo effetto  (Lynch, Peterson, Sanchez, Abel, & Smith, 2013).

 

Un altro filone di ricerca indaga la componente neurofisiologica dell’influenza dell’esercizio fisico su abilità e funzioni psicologiche. Smith et al. (2010) hanno vagliato per il National Institutes of Health ventinove studi svolti secondo i criteri RCT su un totale di oltre duemila partecipanti, concordando che l’attività fisica incrementa l’espressione dei fattori neurotrofici BDNF sia nell’ippocampo che nelle regioni peri-ippocampali. Ulteriori evidenze di questo legame sono state identificate nel giro dentato dell’ippocampo, associato alla performance mnemonica e attentiva (Pereira, et al., 2007).         
Diversi studiosi
 (Suo, et al., 2016) hanno dimostrato come l’allenamento sia significativamente correlato all’aumento dello spessore della materia grigia nella corteccia cingolata posteriore, con un conseguente aumento delle facoltà cognitive generali.     
L’esercizio fisico influenza anche l’attività dell’ AMPK in diversi tessuti, incluso l’ipotalamo. L’AMPK è un enzima in grado di regolare l’omeostasi cellulare tramite il controllo che esercita sui meccanismi metabolici di idrolisi dell’ATP. Durante l’attività sportiva l’AMPK mette in moto processi in grado di incrementare la produzione di ATP, aumentando quindi le risorse energetiche del SNC. Nel sistema nervoso centrale l’AMPK, regola anche la produzione di insulina e leptina, con importanti implicazioni relative al comportamento alimentare e al funzionamento sinaptico (Richter & Ruderman, 2009).

 

I ricercatori hanno dimostrato come uno stile di vita attivo e l’esercizio fisico aumentino la capacità dei neuroni di secernere neurotrasmettitori, rinforzando la capacità di comunicazione delle cellule nervose con importanti effetti legati alla sfera cognitiva e comportamentale dell’individuo (Meeusen & De Meirleir, 1995). Secondo altri gruppi di ricerca  (Cotman, Berchtold, & Christie, 2007), l’esercizio fisico è in grado di influenzare la salute e la plasticità del cervello, ponendosi sia come fattore di prevenzione di varie patologie specifiche, sia come fattore di sostegno al metabolismo sottocorticale e al processo di neurogenesi. Al termine della loro analisi, gli autori concordano nel sottolineare che: “ exercise ensures successful brain function. ”.

Il ruolo svolto dall’attività fisica nell’incrementare e sostenere la qualità di vita degli individui è stato  sottolineato da numerose ricerche internazionali. I ricercatori di indirizzo neuroscientifico  dell’University of Illinois at Urbana-Champaign hanno dimostrato una stretta correlazione tra le capacità motorie e le capacità attentive e mnemoniche di una persona: Una buona forma fisica è associata positivamente ad indici neuroelettrici di attenzione e di lavoro della memoria (Castelli, Hillman, Buck, & Erwin, 2007). Questi risultati concordano con altre ricerche che evidenziando la differenza riportata ai test rispetto al gruppo di studenti sedentari  (Taras, 2005).  Il trend identificato dalla ricerca ha evidenziato la relazione positiva tra attività fisica e rendimento scolastico, mediata dalla capacità dello sport o del semplice esercizio di incrementare l’autostima e ridurre il livello di ansia e stress percepiti dall’individuo  (Flook, Repetti, & Ullman, 2005).    
Dal punto di vista psicologico, uno stile di vita attivo è correlato ad una migliore capacità di gestire fattori stressogeni di varia entità e natura, indifferentemente al sesso e all’età. (Knab, Nieman, Broman Fulks, & Canu, 2012). Nel lavoro citato, gli autori hanno riscontrato un miglioramento percepito della qualità di vita da parte dei partecipanti e una riduzione d’intensità  e frequenza dei sintomi legati, oltre che allo stress, all’ansia e alla psicopatologia.